venerdì 1 aprile 2011
FANTI IN BRODO O MALTRITI
Ingredienti:
Dose per 6 persone:
1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 1 uovo, 130 gr. di farina di semola di grano duro, 1200 gr. di acqua, 2 cucchiai di dado bimby, 2 cucchiai di olio di oliva, 250 gr. di verdure miste, parmigiano grattugiato.
Preparazione:
Inserire 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 1 uovo, 100 gr. di farina di semola di grano duro: 30 sec. vel.3 in modo d'avere una pasta compatta, altrimenti aggiungere altra farina.
Aggiungere dal foro con lame vel.5 altri 30 gr. di farina: 10 sec. vel.5, fino ad avere una pasta scomposta in pezzettini color verde prezzemolo. Mettere da parte a riposare.
Inserire 1200 gr. di acqua, 2 cucchiai di dado Bimby, 2 cucchiai di olio d’oliva e il cestello con 250 gr. di verdure miste per brodo vegetale: 30 min.100° vel.4. Togliere il cestello e aggiungere i fanti 7 min. 100° vel.1. Servire calda con molto parmigiano.
Con le verdure si potrà fare un passato. E' una minestra salentina.
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GIUSY
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LA STORIA DEI DOLCI PUGLIESI
Il dolce era il cibo della festa per antonomasia ed effettivamente tutti i dolci tipici sono legati al ciclo delle festività dell’anno. S. Giuseppe si festeggia con le “zeppole”, ciambelle di pasta fritte e dopo insaporite con crema e canditi di amarena. A Pasqua, ecco la “squarcella”, una ciambella ricoperta di glassa di zucchero, con decorazioni varie. La tradizione vuole che si prepari con un numero dispari di uova e che si doni in segno augurale, ai bambini ed i fidanzati. Nella tradizione gastronomica dauna, c’è perfino un dolce per i morti, ed è il cosiddetto “grano cotto” o dialettalmente “cicc cuott”, che è un dolce antichissimo e che secondo taluni affonderebbe le sue origini addirittura nella cultura saracena. Certo che anche a tavola, la Capitanata si dimostra crocevia di culture e genti. Il dolce è a base di grano bollito e poi insaporito con vino cotto (che è un’altra peculiarità culinaria locale), e poi cannella, canditi, cioccolata in pezzi, noci, chicchi di melograno. Un piacere per la vista, oltre che per il palato. Sempre invernale è il sanguinaccio, che è la prova provata dell’antico detto che vuole che del maiale si utilizzi tutto, e non si getti via niente. L’ingrediente base è appunto il sangue del maiale, raccolto durante l’uccisione del prezioso animale, ed insaporito con zucchero e cacao. Infine Natale, tripudio di colori e di sapori. Si va dalle mandorle “atterrate” o “atterrate”, sulla cui origine filologica si è disputato a lungo. “Atterrate” per la loro forma, o “atterrate”per il colore scuro, che ricorda la terra. Mentre si discetta, non resta che assaggiarle: si preparano tostando le mandorle e poi ricoprendole con cioccolata fusa a bagnomaria. Semplicissimo ma entusiasmante. Meno semplici sono le cartellate: a base di pasta sottilissima, impastata col vino bianco e fritta ed infine condita da abbondante vino cotto. Ed ancora i calzoni: la pasta è la stessa, ma questa volta è ripiena di mostarda d’uva oppure da una purea di ceci dolcificata (anche questo pare, omaggio, ad antiche radici saracene) ed infine bagnata con vino cotto o miele. Infine la “pizza sette sfoglie” (vedi foto) tipica di Cerignola, un autentico monumento, perché le sfoglie sottilissime, devono essere proprio sette,e tra l’una e l’altra ci va il bendiddio: noci tritate, cioccolata, zucchero e chi più ne ha più ne metta. Il dolce più tipico dei giorni di Pasqua, oltre ai grossissimi taralli zuccherati, bianchi di gileppe, è la “scarcella” o “squarcella”. Il significato del nome lo si può, forse, trovare nel verbo “scarcerare”, che indicava come l’uomo, con il battesimo, veniva liberato dal peccato originale. Se a questo si aggiunge l’usanza importante dai popoli germanici di donare nel giorno di Pasqua l’uovo, ecco la scarcella, dolce di pasta a base di farina, zucchero, uova, olio ,ecc.. Ha la forma di colomba, cestino, cuore ecc., in cui vengono imprigionate, con delle croci di pasta, delle uova con tutto il guscio. Nel Salento queste uova devono essere, tradizionalmente, in numero dispari, perché questi numeri hanno virtù propiziatrici. In alcune località le uova raggiungono, addirittura, il ragguardevole numero di 21 in un solo dolce, che viene regalato dalle fidanzate alle loro metà per ricambiare la palma benedetta. Altra possibile origine del nome è la “scarsella” antica borsa di cuoio che conteneva i soldi, come oggi il dolce contiene le uova.
PREPARAZIONE DELLA “SCARCELLA”
Mescolare la farina con il lievito e disporla a fontana sulla spianatoia, aggiungere lo zucchero e la buccia di limone, porre al centro l’olio, l’uovo ed un poco di latte tiepido, impastare delicatamente ed eventualmente aggiungere ancora del latte. Lavorare la pasta per una decina di minuti, dividerla in tre parti, lavorarla fino ad ottenere dei cilindri ed intrecciarli. Con la treccia formare un ciambellone o un otto e porlo in una teglia da forno unta, poggiare premendo fino a che non si inseriscono nella pasta due uova col guscio. Cuocere in forno preriscaldato per un’ora scarsa o comunque fino a che la pasta appare cotta e dorata. Lasciare raffreddare e togliere dalla tortiera. Preparare una glassa mescolando in una terrina l’albume ed il succo di limone, aggiungendo quindi lo zucchero a velo poco per volta, mescolando con un cucchiaio di legno ed evitando che si formino dei grumi. L’impasto deve risultare denso ma scorrevole, spennellarlo uniformemente sulla “scarcella”, senza però ricoprire le due uova, alla fine e prima che si rapprenda la glassa spruzzare dei confettini colorati.
PREPARAZIONE BISCOTTI CASERECCI
Impastare aggiungendo eventualmente il latte fino ad ottenere un impasto morbido, dare forma di polpettone e, prima di mettere in forno preriscaldato, spennellare con un tuorlo di uovo sbattuto, a metà cottura togliere dal forno e tagliare a fette larghe un dito. Rimettere in forno i biscotti così ottenuti per finire la cottura.
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GIUSY
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