Le leggende, le usanze, le tradizioni, i canti popolari, in genere i dati folklorici d'un popolo costituiscono la propria identità e, assieme alla sua lingua, confermano la continuazione della sua vita storica. I canti della popolazione grika della penisola salentina sono viva testimonianza di un'antica lingua e soprattutto di una cultura rurale quasi estinta. Il canto e la musica accompagnavano infatti, non solo il ciclo della vita di ogni singolo uomo (nascita- morte), ma anche il ciclo di vita produttivo e festivo dell'intera comunità (l'anno solare da gennaio a dicembre).
" Travùdia palea" quindi, cioè "canti antichi": è infatti quasi impossibile stabilire l'epoca di questi componimenti in quanto tutto il patrimonio letterario popolare in griko salentino si è tramandato a tutt'oggi esclusivamente per tradizione orale. Questo patrimonio ha conosciuto tutta l'usura del tempo e della trasmissione orale la quale, di generazione in generazione, ha impresso i segni dell'evoluzione registrati nel corso dei secoli.
Quasi infinite le varianti dei versi di ninnananne che sono state raccolte dagli studiosi locali; questi canti, avendo la funzione di trastullare e addormentare i piccoli, esprimono un sentimento umano assai diffuso e, poiché il ritmo è un loro elemento essenziale, finiscono col diventare materia di poesia popolare.
La primavera lascia presto il posto alla caldissima estate; è il tempo della mietitura, della raccolta del tabacco, dei lavori sull'aia che spesso la sera si trasforma in luogo di festa: al suono di organetto e tamburello giovani e anziani convenuti anche dalle masserie circostanti si incontrano per suonare, cantare e ballare la "pizzica".
Qui il discorso e il "tempo" si dilatano in uno spazio che va dagli studi di De Martino sulle "tarantate" alle attuali feste di piazza dove la "pizzica" fa da protagonista. Il tema del tarantismo, ampio e complesso, pervade del resto tutta la musicalità salentina e non solo quella grika.
Infine bisogna fare un accenno ai "moroloja" ed ai "lamenti".
" Moroloja" significa canto dei morti.Secoli di tradizione e di cultura che oggi è possibile ascoltare ancora su richiesta dalla voce di qualche anziana prefica, donna pagata per piangere e lodare il morto durante il funerale.Quello delle prefiche è un canto lamentoso che scade frequentemente nel tono parlato, che rifugge quasi per pudore dalla piacevolezza del canto ed evita di proposito l'armonia dello schema musicale.
Ben diversi sono invece i "lamenti". Questi a differenza dei "moroloja", non sono improvvisati e non vengono cantati dalla prefica in presenza del morto, ma sono componimenti poetici in morte di qualche persona amata.
" Travùdia palea" quindi, cioè "canti antichi": è infatti quasi impossibile stabilire l'epoca di questi componimenti in quanto tutto il patrimonio letterario popolare in griko salentino si è tramandato a tutt'oggi esclusivamente per tradizione orale. Questo patrimonio ha conosciuto tutta l'usura del tempo e della trasmissione orale la quale, di generazione in generazione, ha impresso i segni dell'evoluzione registrati nel corso dei secoli.
Quasi infinite le varianti dei versi di ninnananne che sono state raccolte dagli studiosi locali; questi canti, avendo la funzione di trastullare e addormentare i piccoli, esprimono un sentimento umano assai diffuso e, poiché il ritmo è un loro elemento essenziale, finiscono col diventare materia di poesia popolare.
La primavera lascia presto il posto alla caldissima estate; è il tempo della mietitura, della raccolta del tabacco, dei lavori sull'aia che spesso la sera si trasforma in luogo di festa: al suono di organetto e tamburello giovani e anziani convenuti anche dalle masserie circostanti si incontrano per suonare, cantare e ballare la "pizzica".
Qui il discorso e il "tempo" si dilatano in uno spazio che va dagli studi di De Martino sulle "tarantate" alle attuali feste di piazza dove la "pizzica" fa da protagonista. Il tema del tarantismo, ampio e complesso, pervade del resto tutta la musicalità salentina e non solo quella grika.
Infine bisogna fare un accenno ai "moroloja" ed ai "lamenti".
" Moroloja" significa canto dei morti.Secoli di tradizione e di cultura che oggi è possibile ascoltare ancora su richiesta dalla voce di qualche anziana prefica, donna pagata per piangere e lodare il morto durante il funerale.Quello delle prefiche è un canto lamentoso che scade frequentemente nel tono parlato, che rifugge quasi per pudore dalla piacevolezza del canto ed evita di proposito l'armonia dello schema musicale.
Ben diversi sono invece i "lamenti". Questi a differenza dei "moroloja", non sono improvvisati e non vengono cantati dalla prefica in presenza del morto, ma sono componimenti poetici in morte di qualche persona amata.
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