giovedì 25 novembre 2010
Schipece.
INGREDIENTI:
- 1 Kg. di "pupiddhri"
- 300 gr. di pane grattugiato
- 300 gr. di farina
- olio
- aceto (q.b.)
PREPARAZIONE:
Si prendono i "pupiddhri" si infarinano e si friggono in abbondante olio bollente; dopo si sistemano in una coppa cospargendoli a strati con abbondante pane grattugiato bagnando il tutto con aceto e un filo di olio. Prima di consumarli si lasciano macerare due o tre giorni.
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Spaghetti col pangrattato e le acciughe (antico piatto "povero" salentino).
INGREDIENTI:
- Spaghetti q.b. pangrattato fine
- pomodori pendolini
- rucola fresca
- acciughe sott'olio
- aglio
- olio d'oliva
- peperoncino.
PREPARAZIONE:
Far scaldare in un tegamino due cucchiai di olio d'oliva, unire il pangrattato e, mescolando con un cucchiaio di legno colorire senza farlo bruciare e regolarlo di sale. Mettere gli spaghetti a lessare in abbondante acqua salata. Preparare il condimento: in una larga padella che possa contenere tutti gli spaghetti, in olio d'oliva far sciogliere le acciughe disliscate, unire i pomodori pendolini tagliati a meta' insieme alla rucola spezzettata con le mani e all'aglio finemente tritato. Far cuocere per 5 minuti, aggiungere il peperoncino e regolare di sale.
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RICETTE
Pitta di patate
INGREDIENTI:
- 500 gr. di patate
- 100 gr. di formaggio grattugiato
- 10 gr. di farina
- mezzo cubetto di lievito di birra
- 100 gr. di formaggio fresco o altro a scelta
- 200 gr di tonno
- 2 o 3 pomodori pelati
- sale.
PREPARAZIONE:
Si lessano le patate, si sbucciano e si tritano finemente, alla purea si unisce il formaggio grattugiato, la farina, il lievito di birra sciolto con un po' di latte e il sale. Si lavora il tutto fino ad ottenere un composto bene amalgamato, si unge con olio una teglia da forno, si da una spolverata con pane grattugiato, poi si mette uno strato di pasta che si farcisce con delle fette di formaggio fresco, pezzetti di pomodoro pelato e tonno sbriciolato e si ricopre il ripieno con un altro strato di pasta infine si spolvera in superficie con del pane grattugiato e si inforna a 180°C.
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venerdì 19 novembre 2010
CARCIOFI CON L 'UOVO
INGREDIENTI:
- 6 carciofi
- un limone
- 1 spicchio d'aglio
- olio d'oliva
- prezzemolo tritato
- sale e pepe nero q.b.
- 3 uova intere
- pecorino grattuggiato.
PREPARAZIONE:
Privare i carciofi delle foglie piu' dure e dell'eventuale barbetta interna, tagliare le punte quindi tagliarli a spicchi mettendoli subito in acqua acidulata col limone per non farli annerire. Lessare gli spicchi in acqua salata acidulata, scolarli bene e friggerli in una padella con olio d'oliva e l'aglio schiacciato. Dopo 5 minuti unire un pugno di prezzemolo tritato, regolare il sale e il pepe. Mescolare bene e quando i carciofi saranno ben insaporiti, aggiungere le uova sbattute con la frusta, ed un pizzico di sale e il formaggio. Lasciar cuocere a fuoco basso fin quando le uova saranno rapprese. Servire subito
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Purè di fave secche
INGREDIENTI:
- 500 g di fave
- una patata
- una cipolla
- uno spicchio d'aglio
- del sedano
- un pomodoro
- olio extra vergine di oliva
- sale
PREPARAZIONE:
Mettere a bagno le fave secche per una notte intera regolandole di sale. Il mattino successivo, sciacquarle sotto acqua corrente e versarle in una pentola di coccio insieme ad uno spicchio d'aglio, una patata tagliata, il sedano, il pomodoro ed il sale. Fare cuocere per 45 minuti a fuoco alto e, quando comincia a comparire la prima schiuma toglierla man mano con un cucchiaio. Mescolare con un cucchiaio di legno aggiungendo acqua bollente quando il liquido nella pentola si consuma; in seguito, togliere gli aromi ed abbassare la fiamma continuando a mescolare. In breve le fave si trasformeranno in purè, quindi spegnere il fuoco, regolare il sale ed aggiungere dell'olio extra vergine. Servire in tavola.
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domenica 24 ottobre 2010
Pasticciotto Leccese eccovi la ricetta originale
Qui di seguito Vi presentiamo il modo per cucinare questo gustoso dolce.
Preparare la pasta frolla e farla riposare 30 minuti.
Preparare la crema pasticciera e farla intiepidire.
Mettere la palla di pasta frolla sulla spianatoia spolverata di farina, col mattarello formare una sfoglia spessa 7-8 millimetri
quindi, imburrare gli stampini, spolverarli di farina eliminandone l'eccesso.
Con la pasta frolla coprire fondo e pareti degli stampini e bucherellarla con le punte della forchetta.
Riempire di crema pasticciera fino all'orloe con un altro pezzo di pasta frolla coprire come fosse un coperchio facendo aderire bene e ovalizzandolo in forma convessa con le mani.
Spennellate col bianco d'uovo leggermente battuto e mettere gli stampini in forno gia' caldo a 170° e far cuocere per 10 minuti;
aumentare la temperatura fino a 200° e far cuocere fin quando la superficie dei pasticciotti sara' divenuta color ambra chiaro.
Togliere gli stampini dal forno, attendere che i pasticciotti leccesi si raffreddino, quindi toglierli dagli stampini delicatamente
.
Preparare la pasta frolla e farla riposare 30 minuti.
Preparare la crema pasticciera e farla intiepidire.
Mettere la palla di pasta frolla sulla spianatoia spolverata di farina, col mattarello formare una sfoglia spessa 7-8 millimetri
quindi, imburrare gli stampini, spolverarli di farina eliminandone l'eccesso.
Con la pasta frolla coprire fondo e pareti degli stampini e bucherellarla con le punte della forchetta.
Riempire di crema pasticciera fino all'orloe con un altro pezzo di pasta frolla coprire come fosse un coperchio facendo aderire bene e ovalizzandolo in forma convessa con le mani.
Spennellate col bianco d'uovo leggermente battuto e mettere gli stampini in forno gia' caldo a 170° e far cuocere per 10 minuti;
aumentare la temperatura fino a 200° e far cuocere fin quando la superficie dei pasticciotti sara' divenuta color ambra chiaro.
Togliere gli stampini dal forno, attendere che i pasticciotti leccesi si raffreddino, quindi toglierli dagli stampini delicatamente
.
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giovedì 20 maggio 2010
Il marchio ancora non c’è. Ma il nome potrebbe essere “Terra del Grande Salento”.
BRINDISI – Il marchio ancora non c’è. Ma il nome parrebbe proprio di sì: “Terra del Grande Salento”. Il battesimo ufficiale dell’Unione economica, politica e culturale che legherà in una sola e grande confederazione le province di Brindisi, Taranto e Lecce non arriverà prima di un mese. Ma i padri dell’inedita alleanza che da un anno lavorano di lena per dare corpo all’ideale sognato da tempo, un primo accordo sul nome da darvi, l’avrebbero già trovato. Massimo Ferrarese, Gianni Florido e Antonio Gabellone, presidenti delle tre amministrazioni provinciali legate al progetto, hanno deciso d’iniziare il graduale cammino di abbandono degli egoismi localistici partendo dal nome da affibiare alla nascente Alleanza: “Terra del Grande Salento”. Gli appellativi che attualmente identificano le tre distinte realtà continueranno ad esserci. “Filia Solis” non scomparirà, e così “Terra Jonica” e “Terra d’amare”. I tre brand andranno semplicemente a coesistere sotto un unico e comune tetto che già nel nome fonde parti delle tre realtà. Ogni sigla cede una parte, una o più parole. Taranto e Lecce prestano “Terra”; Brindisi concede invece l’intero brand: “Grande Salento”. Quel che sboccia dall’unione dei tre nomi è, per l’appunto: la “Terra del Grande Salento”.
Ripensamenti in merito al brand quindi non dovrebbero essercene, salvo che non siano partorite in extremis idee che meglio sintetizzino il significato del progetto. Più tempo e lavoro è invece richiesto per forgiare il simbolo, l’immagine che in pochi tratti e colori identifichi la Terra del Grande Salento. I presidenti delle tre province, dopo averne discusso, hanno deciso di non affidare alla propria discrezionalità una scelta tanto importante e destinata a rimanere nel tempo, ma di aprire il tavolo per la creazione del marchio a tutta la comunità. Chiunque – posti i dovuti requisiti – potrà presentare progetti, così come già fatto alcuni mesi fa in occasione della nascita del marchio brindisino “Filia Solis”.
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NOVITA'
martedì 11 maggio 2010
FRISELLE
Alla base della ricetta delle friselle c’è il grano duro o integrale; queste sono ottime sia per uno spuntino che come pasto completo. In passato i marinai, costretti a lunghi mesi di navigazione senza toccare terra, ne portavano con loro quantità ragguardevoli. Le mangiavano sul mare e col mare: spugnandole cioè in un po’ d’acqua salata in modo da ammorbidirle e salarle al punto giusto.
Vediamo ora però nel dettaglio la ricetta delle friselle.
Ingredienti
1 kg di farina
50 g di lievito di birra
Acqua
Una presa di sale
Preparazione
Sciogliere il lievito in acqua tiepida con il sale; unire a 200 g di farina e preparare un panetto morbido. Far riposare il panetto, coperto al caldo, per circa 30 minuti. Disporre sulla spianatoia 800 g di farina con al centro un po’ di acqua tiepida ed impastare bene incorporando il panetto lievitato.
Ricavare successivamente dei rotoli spessi 2 cm e lunghi 20 dando loro la forma a ciambella.
Farli lievitare per circa 2 ore (devono raddoppiare di volume). Infornarli a 200 gradi per 20-30 minuti. Dividerli a metà in senso orizzontale e rimetterli a biscottare in forno, con la parte tagliata rivolta verso l’alto.
Questa è la semplice ricetta delle friselle; occorre adesso però cucinare queste friselle e la fantasia in questo caso può essere molto utile.
Qui vi presentiamo alcune delle ricette per friselle più diffuse: iniziamo dalla Caponata di pomodori. Gli ingredienti sono: pomodori maturi, friselle di pane integrale, origano, olio d'oliva, aglio, basilico, sale. Preparazione: condite con sale, origano, basilico, aglio e olio e fate insaporire la caponata di pomodori per qualche ora. Immergete successivamente per pochi istanti nell’acqua le friselle, stando attendi che non diventino troppo molli, e cospargetevi sopra il condimento. La caponata può essere arricchita a piacere con tonno sott'olio, olive, acciughe, uova sode ed altro.
Un’altra ricetta con friselle è l’insalata calabrese.
Ingredienti: friselle, patate, capperi sotto sale, pomodori, cetrioli, olive nere greche, olive verdi greche, olio extra vergine di oliva, sale, foglie di basilico fresco.
Preparazione: tagliate sottilmente la cipolla e mettetela a bagno in aceto. Lavate i capperi dal sale in acqua tiepida e metteteli nell’aceto. Fate bollire le patate, poi tagliatele a pezzi grossi e condite con olio, sale e aglio. Tenete da parte. Sbucciate i cetrioli, tagliateli a tocchetti e conditeli. Mettete le olive, sia nere, sia verdi, in una ciotola e condite con i capperi strizzati, origano e olio. Bagnate le friselle, spezzatele in modo grossolano e mettete sopra tutti gli ingredienti che nel frattempo avrete riunito in un'unica insalatiera. Guarnite con foglie di basilico.
Queste ricette per le friselle sono ottime sia come primo piatto che come piatto unico estivo; buon appetito.
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TRADIZIONI
mercoledì 5 maggio 2010
ALBEROBELLO la tradizione dei fischietti pugliesi
In Puglia una delle tradizioni più originali è quella legata alla lavorazione dei famosi fischietti pugliesi rigorosamente in terracotta. Si tratta di oggetti davvero particolari, ideali per un regalo originale o per una collezione. I fischietti pugliesi si possono trovare in quasi tutte le città della Puglia, ma sicuramente le province salentine e la città di Ostuni conservano e mantengono viva quella che è ormai una tradizione. Ecco allora tutte le informazioni sui fischietti pugliesi...
FISCHIETTI PUGLIESI: UN PO' DI STORIA
Nel nostro immaginario i fischietti di terracotta sono associati ai giocattoli, al mondo innocente e dorato della infanzia: sono considerati passatempi come le trottole, gli aquiloni, etc. Eppure, i fischietti in terracotta, nella loro vita millenaria, hanno avuto un ruolo diverso; la loro funzione primaria affonda negli universi indistinti delle pratiche magiche o apotropaiche, in stretta relazione con la religiosità. I ritrovamenti archeologici avvenuti presso civiltà diverse e lontanissime, dall’Egitto alla Cina, dall’Europa all’America Centrale avvalorano la supposizione che il fischio abbia rappresentato un passaggio obbligato dell’evoluzione culturale e che sia una sorta di denominatore comune di un linguaggio capace di avvicinare l’uomo alla natura consentendo di imitare, con un semplice soffio, il canto degli uccelli.
Gli esemplari più antichi, pare siano gli strumenti in terracotta a forma di frutto e con bocca a fessura, scoperti nell’alto Egitto e risalenti al 3300 A.C. Venivano chiamati anche flauti-recipienti e tali reperti furono ritrovati anche a Gerusalemme, in Cina, India, Mesopotania ed Iran.
In Europa il fischietto sembra sia arrivato relativamente tardi, anche se Sir Wilson fa cenno del “flauto” a forma di uccello ritrovato in uno strato, datato Età del Bronzo, nel Belgio Meridionale, nella città di Furfooz. E’ però probabile che la sua diffusione in Europa sia iniziata con i Greci i quali realizzavano piccoli oggetti in terracotta destinati ad essere sotterrati con le salme dei bambini.
FISCHIETTI PUGLIESI: USI E TRADIZIONI
Il fischietto durante i secoli veniva spesso impiegato in festività e cerimonie e non solo a sfondo religioso. Nell’ottocento, in Russia, nella quarta domenica dopo Pasqua si celebravano gli avi con la “danza delle streghe” ed il fischietto aveva funzione di scaccia-streghe; mentre in Baviera i fischietti ad acqua si mettevano nella culla del neonato fino al suo Battesimo con l’intento di preservarlo dai cattivi influssi. In Portogallo alle feste di S. Giovanni e S. Pietro si vendono gli usignoli di terracotta e a Barcelos, vicino ad Oporto, i fischietti si cuociono ancora oggi con tecniche antiche ovvero in forni alimentati solo da balle di stracci.
In genere in Europa, nelle numerose feste di primavera, ai bambini si donavano fischietti imitanti il verso dell’usignolo o del cuculo, quest’ultimo da sempre considerato colui che sveglia e fa rinascere la natura.
In Inghilterra, nel Sussex, si muravano nei camini dei grossi fischietti a forma di uccello affinché il continuo sibilo tenesse lontani gli spiriti cattivi. Ritroviamo questo uso anche in Italia, in Calabria, dove si murava il Babbaluto - una sorta di fantoccio di terracotta.
I fischietti spesso venivano donati in modo augurale e nella tradizione italiana, in Puglia come in altre regioni, l’usanza vuole che i ragazzi che intendono fare la corte a una ragazza si dichiarino regalandole un fischietto. In Sicilia, quelli raffiguranti i Santi, avevano funzione protettrice, il loro suono simboleggiava la voce del Santo e dopo l’acquisto venivano posti come soprammobile a protezione della casa. Da non trascurare la vena ironico/satirica, nel medioevo quando soltanto a Carnevale era possibile prendere in giro le autorità e così i fischietti iniziarono a raffigurare alti prelati, carabinieri (molto famosi in Puglia), autorità locali, etc.
FISCHIETTI PUGLIESI: CURIOSITA'
Il fischietto è oramai noto anche come “cuco”, è così infatti che in Veneto venivano chiamati quei fischietti a forma di gallo, decorati con cresta e bargigli, che emettevano un inconfondibile richiamo simile a quello del cuco. In Piemonte è il subièt ed in genere nel meridione è “friscaletto” o “fiscaletto o anche “cola cola” come a Gravina di Puglia dove è stato assunto quale simbolo della città; noto anche “li sciucarieddi”, così infatti venivano chiamati gli oggetti che i ceramisti creavano per la gioia dei bambini.
Antichissima, ma ancora oggi molto sentita, è la tradizione pugliese dei fischietti con le loro multiformi e colorate raffigurazioni legate sia alla tradizione che alla vita di oggi, dove forte è la vena satirica che ne traspare. La maggiore produzione di fischietti detiene una lunga tradizione a Grottaglie, Rutigliano, Gravina, Alberobello. Molti i punti vendita qualificati in tutto il territorio pugliese dove essi possono essere acquistati, comprese le botteghe di rinomati artisti ceramisti locali. Se vi appassionate, ricordate di dare un’occhiata agli eventi tradizionali che si rinnovano ogni anno e di visitare qualche museo, quello di Rutigliano ad esempio, ma soprattutto, regalate fischietti perché non è solo una dimostrazione d’amore ma anche simbolo di buon auspicio!
FISCHIETTI PUGLIESI: UN PO' DI STORIA
Nel nostro immaginario i fischietti di terracotta sono associati ai giocattoli, al mondo innocente e dorato della infanzia: sono considerati passatempi come le trottole, gli aquiloni, etc. Eppure, i fischietti in terracotta, nella loro vita millenaria, hanno avuto un ruolo diverso; la loro funzione primaria affonda negli universi indistinti delle pratiche magiche o apotropaiche, in stretta relazione con la religiosità. I ritrovamenti archeologici avvenuti presso civiltà diverse e lontanissime, dall’Egitto alla Cina, dall’Europa all’America Centrale avvalorano la supposizione che il fischio abbia rappresentato un passaggio obbligato dell’evoluzione culturale e che sia una sorta di denominatore comune di un linguaggio capace di avvicinare l’uomo alla natura consentendo di imitare, con un semplice soffio, il canto degli uccelli.
Gli esemplari più antichi, pare siano gli strumenti in terracotta a forma di frutto e con bocca a fessura, scoperti nell’alto Egitto e risalenti al 3300 A.C. Venivano chiamati anche flauti-recipienti e tali reperti furono ritrovati anche a Gerusalemme, in Cina, India, Mesopotania ed Iran.
In Europa il fischietto sembra sia arrivato relativamente tardi, anche se Sir Wilson fa cenno del “flauto” a forma di uccello ritrovato in uno strato, datato Età del Bronzo, nel Belgio Meridionale, nella città di Furfooz. E’ però probabile che la sua diffusione in Europa sia iniziata con i Greci i quali realizzavano piccoli oggetti in terracotta destinati ad essere sotterrati con le salme dei bambini.
FISCHIETTI PUGLIESI: USI E TRADIZIONI
Il fischietto durante i secoli veniva spesso impiegato in festività e cerimonie e non solo a sfondo religioso. Nell’ottocento, in Russia, nella quarta domenica dopo Pasqua si celebravano gli avi con la “danza delle streghe” ed il fischietto aveva funzione di scaccia-streghe; mentre in Baviera i fischietti ad acqua si mettevano nella culla del neonato fino al suo Battesimo con l’intento di preservarlo dai cattivi influssi. In Portogallo alle feste di S. Giovanni e S. Pietro si vendono gli usignoli di terracotta e a Barcelos, vicino ad Oporto, i fischietti si cuociono ancora oggi con tecniche antiche ovvero in forni alimentati solo da balle di stracci.
In genere in Europa, nelle numerose feste di primavera, ai bambini si donavano fischietti imitanti il verso dell’usignolo o del cuculo, quest’ultimo da sempre considerato colui che sveglia e fa rinascere la natura.
In Inghilterra, nel Sussex, si muravano nei camini dei grossi fischietti a forma di uccello affinché il continuo sibilo tenesse lontani gli spiriti cattivi. Ritroviamo questo uso anche in Italia, in Calabria, dove si murava il Babbaluto - una sorta di fantoccio di terracotta.
I fischietti spesso venivano donati in modo augurale e nella tradizione italiana, in Puglia come in altre regioni, l’usanza vuole che i ragazzi che intendono fare la corte a una ragazza si dichiarino regalandole un fischietto. In Sicilia, quelli raffiguranti i Santi, avevano funzione protettrice, il loro suono simboleggiava la voce del Santo e dopo l’acquisto venivano posti come soprammobile a protezione della casa. Da non trascurare la vena ironico/satirica, nel medioevo quando soltanto a Carnevale era possibile prendere in giro le autorità e così i fischietti iniziarono a raffigurare alti prelati, carabinieri (molto famosi in Puglia), autorità locali, etc.
FISCHIETTI PUGLIESI: CURIOSITA'
Il fischietto è oramai noto anche come “cuco”, è così infatti che in Veneto venivano chiamati quei fischietti a forma di gallo, decorati con cresta e bargigli, che emettevano un inconfondibile richiamo simile a quello del cuco. In Piemonte è il subièt ed in genere nel meridione è “friscaletto” o “fiscaletto o anche “cola cola” come a Gravina di Puglia dove è stato assunto quale simbolo della città; noto anche “li sciucarieddi”, così infatti venivano chiamati gli oggetti che i ceramisti creavano per la gioia dei bambini.
Antichissima, ma ancora oggi molto sentita, è la tradizione pugliese dei fischietti con le loro multiformi e colorate raffigurazioni legate sia alla tradizione che alla vita di oggi, dove forte è la vena satirica che ne traspare. La maggiore produzione di fischietti detiene una lunga tradizione a Grottaglie, Rutigliano, Gravina, Alberobello. Molti i punti vendita qualificati in tutto il territorio pugliese dove essi possono essere acquistati, comprese le botteghe di rinomati artisti ceramisti locali. Se vi appassionate, ricordate di dare un’occhiata agli eventi tradizionali che si rinnovano ogni anno e di visitare qualche museo, quello di Rutigliano ad esempio, ma soprattutto, regalate fischietti perché non è solo una dimostrazione d’amore ma anche simbolo di buon auspicio!
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martedì 27 aprile 2010
FAVE BIANCHE E VERDURE
INGREDIENTI:
- 1/2 Kg. di fave secche sgusciate
- 1 Kg. di verdura (cicorie o bietole)
- olio extravergine d'oliva q.b.
- sale q.b.
PREPARAZIONE:
La sera che precede la cottura, mettere le fave in acqua fredda, con un cucchiaino di sale. Al mattino scolare le fave, sciacquarle sotto l'acqua, e metterle in un recipiente di terracotta e ricoprirle d'acqua fredda. Cucinare sino a quando cominciano a diventare crema, mescolare continuamente per pochi minuti con un cucchiaio di legno, aggiungere sale e olio d'oliva. Quando la crema di fave e' pronta spegnere il fuoco. Durante la cottura delle fave, intanto, a parte preparare la verdura. Servire nello stesso piatto fave e verdura.
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RICETTE
VINI DEL SALENTO
Il Salento oggi conta otto vini con il marchio D.O.C., questi sono il Leverano, l'Alezio, il Copertino, il Galatina, il Matino, il Nardò, il Salice Salentino e lo Squinzano. A questi bisogna aggiungere le tante cantine che hanno ricevuto importanti riconoscimenti a tutti i livelli per la qualità dei vini prodotti.
Il Salento è in particolare la terra dove si coltiva il Negroamaro, che rappresenta anche uno dei maggiori vitigni del sud Italia. Da questo si ricavano tra i più importanti vini rossi e rosati d'Italia, e spesso viene usato anche per correggere altri vini.
Altri vitigni importanti nel Salento sono l' Aleatico, dal quale si produce un vino dolce e liquoroso, ed ovviamente la Malvasia bianca e quella nera e il Primitivo.
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domenica 25 aprile 2010
RUSTICO LECCESE
INGREDIENTI
500 g di rotolo di pasta sfoglia
Per il ripieno:
25 cl latte
1 cucchiaio di farina
25 g burro
150 g fior di latte
qualche pomodoro pelato
sale q.b.
pepe q.b.
1 tuorlo d'uovo
COME SI PREPARA
Fare la besciamella sciogliendo a fuoco basso il burro mantecato con la farina. Aggiungere il latte e rendere molto densa la besciamella, salare e pepare.
Lavorare la pasta sfoglia con la farina in modo da ottenere un impasto abbastanza secco. Stendere la pasta sfoglia e formare due dischi spessi 3 cm.
Imburrare la teglia di 28 cm e stendere i primo disco di pasta sfoglia. Stendere la besciamella e aggiungere qualche pomodoro fresco o se si vuole pelato in modo da "sporcare" la besciamella.
Distribuire il fior di latte e chiudere il tutto con il secondo disco di pasta sfoglia, spennellare con il tuorlo d'uovo e infornare a 180 gradi per 20 minuti.
Alla fine della cottura si può scegliere di posizionare il forno sul grill per 5 minuti per far dorare la cottura.
Servire non troppo caldo.
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RICETTE
COZZE NERE SOFFRITTE
INGREDIENTI:
- 1 Kg. di cozze
- 200 gr. di farina
- 3 uova
- olio (q.b.)
PREPARAZIONE:
Aprire le cozze lasciandole sul fuoco per una decina di minuti, ovviamente dopo averle lavate bene. Sgusciarle e passarle ad una ad una prima nella farina bianca e poi nell'uovo battuto, aggiungere un pizzico di sale. A questo punto si possono friggere in
abbondante olio bollente. Servire ben calde.
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PIATTI DI MARE
BACCALA’ CON LE PATATE
INGREDIENTI:
- 1 Kg. di baccalà
- 700 gr. di patate
- 1 cipolla rossa
- 7 o 8 pomodori maturi
- un mazzetto di prezzemolo
- olio extravergine
- sale
- pepe (q.b.)
PREPARAZIONE:
Lasciare il baccalà in acqua fredda per almeno 24 ore, cambiando l'acqua più volte al giorno, in modo da dissalarlo completamente. Tagliare le patate a fette sottili e metterle in una teglia da forno, sopra metterci la cipolla tagliata finemente, dei pezzetti di pomodori, un trito di prezzemolo, sale e pepe. Quindi aggiungere il baccalà spellato e diliscato, condire con l'olio ed infine mettere un altro strato di fette di patate. Condire con sale, pepe, olio e una spolverata di grattato. Mettere in forno già caldo a 180° e lasciare cucinare.
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PIATTI DI MARE
ARAGOSTE ALLA SALENTINA
INGREDIENTI:
- Una o più aragoste
- 500 gr. di pomodori rotondi per insalata
- 1/2 cucchiaino di concentrato di pomodoro
- prezzemolo tritato
- mezza cipolla rossa
- 2 spicchi d'aglio
- una puntina di peperoncino
- olio extravergine d'oliva
- sale
- buon vino bianco.
PREPARAZIONE:
Tritate l'aglio e la cipolla. Pelare i pomodori, toglierne i semi e tagliarli a listarelle. Tagliare a metà l'aragosta ed ognuno dei due pezzi tagliarlo in tre pezzi. In una padella larga far scaldare 1/2 bicchiere d'olio d'oliva ed una puntina di peperoncino, spegnere il fuoco e aggiungere l'aglio e la cipolla tritati, girare con un cucchiaio di legno. Ora versarci i pezzi di aragosta con tutto il liquido fuoriuscito durante il taglio. Riaccendere il fornello a fiamma bassa e far saltare l'aragosta nell'olio, quando sarà rosolata, aggiungere del vino bianco e portarlo subito ad evaporazione. Togliere l'aragosta e tenerla in caldo in un piatto. Al fondo di cottura unire il concentrato di pomodoro con le listarelle di pomodori e far cuocere per 6-7 minuti. Aggiungere un piccolo mestolo d'acqua bollente, il sale, e rimettere in padella l'aragosta. Far cuocere insieme per 10 minuti, spegnere la fiamma e cospargere con prezzemolo tritato.
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sabato 24 aprile 2010
NEGROAMARO
I Negramaro sono un gruppo rock italiano che prende il nome dal vitigno Negroamaro, prodotto proprio nella loro terra di origine. I Negramaro sono sei musicisti, nati e cresciuti in provincia di Lecce. Grazie a numerose esibizioni dal vivo diventano ben presto un fenomeno emergente del circuito alternativo.
Pubblicano il loro primo album, Negramaro, auto-prodotto con Sugar nel 2003, ma è con 000577 (2004) che cominciano ad affermarsi nel circuito mainstream. L’album vede la produzione di Corrado Rustici in alcuni brani: è l’inizio di una collaborazione artistica che si ripeterà per Mentre tutto scorre (2005) e La finestra (2007).
A conferma della forte vocazione per le esibizioni dal vivo del gruppo rock salentino, i Negramaro partecipano, negli anni, a tutti i principali festival italiani, come il concerto del Primo Maggio, Heineken Jammin' Festival, al Meeting Etichette Indipendenti di Faenza, Arezzo Wave ed al MTV Day.
Giuliano Sangiorgi, vocal leader del gruppo, oltre a comporre tutti i brani dei Negramaro, è autore e compositore per altri. Scrive per Andrea Bocelli Le parole che non ti ho detto (2004) e duetta con Dolores O'Riordan in Senza fiato (2007), le cui musiche sono di Paolo Buonvino.
L'esperienza a Sanremo e l'album Mentre tutto scorre [modifica]
Il secondo album dei Negramaro Mentre tutto scorre (2005) è quello della conferma: il primo singolo Mentre tutto scorre vince il Premio della Critica Radio & TV alla 55esima edizione del Festival di Sanremo ed è la title track del film La febbre di Alessandro D'Alatri, che sceglie otto brani tratti dal nuovo album dei Negramaro per la colonna sonora del film.
I Negramaro manifestano un rapporto privilegiato con il cinema, chiamando Silvio Muccino a dirigere il videoclip di Estate (dall'album Mentre tutto scorre), ospitando l'attrice Valeria Solarino in Solo 3 min. (dallo stesso album) ed offrendo la regia per L'immenso (dall'album La finestra) a Dario Baldi, in co-regia con Giuliano Sangiorgi.
Il singolo Mentre tutto scorre rimane per 20 settimane nella classifica dei singoli più venduti in Italia.
Alla 42° edizione del Festivalbar (2005) vincono il Premio rivelazione italiana con il brano Estate secondo singolo estratto dall'album.
Il terzo singolo estratto è Solo 3 min. che entra nella classifica dei brani più scaricati nel 2006 in Italia. Alla 43° edizione del Festivalbar vincono il Premio best performer con il brano Nuvole e lenzuola, quarto singolo estratto.
L'album Mentre tutto scorre vince il Premio Lunezia per il suo valore musical-letterario e rimane per 89 settimane consecutive nella classifica dei dischi più venduti in Italia, diventando multiplatino.
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NOVITA'
VINO,NEGROAMARO
Vitigni. Colore. Profumo. Gusto. Gradazione. Invecchiamento. Temperatura. Bicchiere. Abbinamenti. Anche detto. Curiosità. Costo. Turismo eno-gastronomico. Storia. Il nome. Foto. Video.
Il Salento, in Puglia, è la regione del Negroamaro, il vitigno più diffuso e antico, dal quale si ricavano tra i migliori vini rossi e rosati d’Italia, tanto da essere impiegato per la ”correzione” di vini extra regionali, conosciuti anche all’estero.
Tutto il Salento, in particolare nelle province di Lecce, Taranto e Brindisi.
La Puglia è la regione d' Italia con la più alta produzione vitivinicola, e il Salento contribuisce notevolmente con i numerosi viticultori presenti sul territorio. Il vino a base di uva Negramaro, è al terzo posto tra i vini a denominazione d'origine controllata col maggior tasso di crescita nelle vendite per la grande distribuzione, secondo un'indagine svolta per il Vinitaly nel 2008
E' raro che venga utilizzato in purezza, ma in genere unito ad altre uve come la Malvasia nera, Primitivo, Montepulciano, Sangiovese. Le uve del vitigno Negroamaro sono la base di parecchie DOC salentine, il più noto è il Leverano, un vino che nasce appunto dal vitigno Negroamaro e contiene Malvasia Bianca e Nera. E' un vitigno versatile che può offrire profumati vini rosati, se unito ad una piccola percentuale di Cabernet Sauvignon, o grandiosi rossi, che esprimono eleganza e morbidezza, fino a produrre un vino asciutto e austero, vellutato riconoscibile per i sentori di tabacco e frutta, ideale a tutto pasto. Il profumo è intenso, vinoso e fruttato, con riconoscimenti di piccoli frutti a bacca nera e talvolta sentori di tabacco.
Il nome Negroamaro contiene la ripetizione della parola nero in due lingue: niger in latino e maru in Greco antico. Altre versioni sostengono che il nome altro non sia che il termine dialettale "niuru maru", dal colore nero delle bucce e dal sapore amaro del vino. Le DOC salentine: Nei pressi di Lecce, nella zona tra Leverano, Copertino e Salice Salentino la cultura del vino sopravvive da secoli e richiama parecchi amanti del buon vino alla scoperta proprio di queste tradizioni.
Un itinerario eno gastronomico consigliato percorre i DOC della zona: il Matino DOC, il Leverano DOC, il Galatina DOC, lo Squinzano DOC, l'Alezio DOC, il Copertino DOC, il Salice Salentino DOC ed il Nardò DOC un percorso che regala spledidi scenari, e degustazioni di ottimi prodotti locali.
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VINO
venerdì 23 aprile 2010
SUD SOUND SISTEM DATE DEI CONCERTI
La storia del Sud Sound System prima degli anni '90, è la storia di un gruppo di ragazzi del Salento e del loro amore incondizionato verso la musica Reggae, in quella terra (Sud Italia) così lontana dai cosidetti "circuiti" e allo stesso tempo così ricca di cultura e tradizioni mediterranee.
Il S.S.S. non ha bisogno di inventarsi la similitudine tra il Reggae giamaicano e il patrimonio popolare tradizionale, semplicemente perché questa similitudine può dirsi già preesistente nell'attitudine musicale così come nei temi sociali, poiché entrambi Sud del mondo, e non ultimo nel calore che accomuna le due realtà.
In tutto questo si inscrive l'uso del dialetto, che non è una scelta: perché si può scegliere di cantare in inglese, ritenendola una lingua musicale, ma non si può scegliere una cosa che fa parte della natura delle persone, della quotidianità delle espressioni. Per il reggae salentino il dialetto, pur non essendo l'unica espressione linguistica, è comunque la dimensione più naturale, quella con cui il S.S.S. comunica perché parte integrante di sé.
Esce a giugno del '91 il 12 pollici "Fuecu/T'a sciuta bona", l'impatto con il mondo musicale italiano è sicuramente notevole; fuori dalla retorica, quel disco , come pochi altri allora, ha detto qualcosa di nuovo a partire dall'uso del dialetto salentino nel reggae e dalla freschezza delle trovate musicali e ottiene grandissimo successo.
Nel '92 escono due 12": uno con "Reggae Internazionale" e "Punnu Ieu", l'altro con "Turcinieddhri" e "Chiappalu". Questi nuovi brani diventeranno subito dei classici richiestissimi nei concerti che si susseguono senza sosta. Comincia una lunga serie di esibizioni con esponenti stranieri della scena roots, reggae e raggamuffin: Macka B e Mad Professor, Little Owie, Linton Kwesi Johnson, Asher D, Chunny Rankin, Daddy Freddy, Thriller Jenna, Sweete Irie. Tra il '93 e il '94 vari tours li porteranno in giro per l'Europa, toccando Francia , Germania, Svizzera e Inghilterra.
Nei primi mesi del '94 battezzano la loro etichetta RITMO VITALE producendo "Salento Showcase '94", CD raccolta con molti dei cantanti che nella scena reggae salentina si andavano aggiugendo. L'album riceverà un buon successo e porterà a radicalizzare e diffondere ancor di più il movimento reggae raggamuffin nella propria terra.
Il 1995 e i primi mesi del '96 sono assorbiti dalla intensa produzione dell' album "COMU NA PETRA" , che vede la collaborazione di tamburellisti salentini con cui vengono gettate le basi per quel raggamuffin intriso di pizzica, da sempre parte costituente imprescindibile della natura del gruppo e che prenderà forma con i brani "Afro ragga taranta jazz" e "Crisce", e della compilation "TRADIZIONE".
Questo lavoro esce con 'Il Manifesto' nelle edicole e per la prima volta 'Il Manifesto', in collaborazione con CNI Compagnia Nuove Indye, esce nei negozi di dischi con un doppio CD dal titolo "COMU NA PETRA".
Nel '97 esce "No Playback - Comu Na Petra Remixes: trenta minuti ricchi di "sound" di alta qualità: il dinamico ed energico "Mena moi" un brano inedito, prodotto dai Sud Sound System, eseguito dai Timpadub & The Massapians, la band che li accompagna con il suo reggae nei concerti; più quattro remix imperdibili, realizzati e firmati dai più noti artisti dell'attuale scenario italiano: "Beddhra"- Frank Nemola; "Te fumanu"- Deda dei Sangue Misto; "Solidu comu na petra"- Almamegretta; "Azzate San Giuanni"- Ohm Guru.
Le voci dei Sud Sound System si accendono di nuovi colori: dal funky solare di Frank Nemola al dub cupo e meditativo di Reeno Almamegretta, dal trip hop lisergico di Ohm Guru al nuovo hip hop di Deda Sangue Misto.
DATE DEI CONCERTI 2010
28 APRILE ROMA PIPER CLUB
29 APRILE MILANO MAGAZZINI GENERALI
13 MAGGIO PERUGIA NORMAN STRADA BONEGGIO 4/P•S. FORTUNATO DELLA COLLINA•
14 MAGGIO TORINO HIROSHIMA MON AMOUR•011/3176636•3175427•3174997•340/6448496•VIA BOSSOLI 83•ZONA LINGOTTO•STAZIONE TORINO SUD•
15 MAGGIO REGGIO EMILIA ARCI TUNNEL•339/7017191• VIA DEL CHIONSO 20/G•ZONA STADIO•
20 MAGGIO RIVA•BAGNOLI•NA
21 MAGGIO TREZZO SULL'ADDA (MI) LIVE CLUB •VIA MAZZINI 58•INFO: 02/90980262•348/57 99 006• TREZZO SULL'ADDA•MI
22 MAGGIO AQUILA PARCO DEL SOLE
23 MAGGIO NAPOLI DUEL BEAT•329/8648804•VIA ANTINIANA 2/A GIA'VIA SCARFOGLIO•AGNANO•
28 MAGGIO RACANATI EXTRA ALTERNATIVE CLUB•071/7576026•345/6011590•VIALE C. BATTISTI•
29 MAGGIO FIRENZE PARCO DELLE CASCINE
5 GIUGNO GALLIPOLI PARCO GONDAR•LITORANEA LUNG. G. GALILEI LIDO SAN GIOVANNI
19 GIUGNO SHERWOOD FESTIVAL•V.LE NEREO ROCCO•PARCHEGGIO STADIO EUGANEO•USCITA PADOVA OVEST
24 GIUGNO ROMA VILLA ADA FESTIVAL•ROMA INCONTRA IL MONDO•LAGHETTO DI VILLA ADA•VIA DI PONTE SALARIO•ROMA•INFO:06/41734712•06/41734648•349/2727868
26 GIUGNO IGEA MARINA(RN)BEKY BAY•viale Pinzon, 227•lungomare Bellaria•Igea Marina•RN•INFO:348/4550520•335/7048607•
17 LUGLIO BANARI CAMPO SPORTIVO•
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NOVITA'
giovedì 22 aprile 2010
RACCOLTA DELLE OLIVE
La raccolta delle olive conclude il ciclo vegetativo della pianta.
È forse l’operazione più delicata per i suoi effetti sulla qualità dell’olio. L’olivicoltore conosce il giusto grado di maturazione delle olive, sa che questo influenza la qualità e la quantità dell’olio. La raccolta delle varietà nostrane avviene tra gli inizi di novembre (inizio maturazione della drupe) e la fine di dicembre (maturazione inoltrata). I nostri olivicoltori si avvalgono di vari sistemi di raccolta, ognuno confacente alla tipologia dell’uliveto e alle caratteristiche del terreno e della pianta.
Nel sistema tradizionale di raccolta, fino a non molto tempo fa ancora in uso nelle campagne salentine, spontaneamente o perché spinte dal vento, le olive mature cadevano a terra su piazzole preparate ai piedi della pianta e venivano poi radunate manualmente con scope. Venivano poi cernite per eliminare terra e foglie e quindi trasportate al frantoio per le operazioni di molitura.
Da qualche anno questa pratica è stata sostituita dall’uso di macchine agevolatrici come le scopatrici meccaniche, che possono essere anche munite di cestello raccoglitore, e dalle cernitici. Queste macchine riducono notevolmente i tempi ed i costi di questa faticosa operazione.
In alcune aree della Puglia e del Salento, la raccolta avviene manualmente mediante la brucatura che consiste nel prelevare le olive ad una ad una direttamente dalla pianta. Questo metodo è il migliore per ottenere un prodotto di qualità.
La bacchiatura e la pettinatura permettono invece la caduta delle olive per effetto delle pertiche che percuotono i rami o di appositi pettini che li attraversano. Le olive cadono su apposite reti poste sul terreno e poi vengono trasferite alla molitura.
L’olivicoltura moderna si avvale moltissimo di macchine agevolatrici della raccolta come gli scuotitori che facendo vibrare i rami o il tronco della pianta provocano la caduta delle olive. Queste possono essere intercettate a mezz’aria (ombrelli) o a terra da apposite reti poggiate sul terreno. Il trasferimento in frantoio avviene utilizzando potenti aspiratori che convogliano le olive su appositi carri raccolta.
Un altro sistema di raccolta si avvale di piccoli scuotitori portati a spalla dagli operatori provocano vibrazioni meno energetiche rispetto ai grossi scuotitori. Queste piccole macchine oltre a determinare una sensibile accelerazione dei tempi di raccolta, potendo lavorare sui rami più piccoli delle piante e quindi più elastici, permettono anche una minore sollecitazione meccanica della pianta.
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NATURA,
TRADIZIONI
OLIO DEL SALENTO
La riscoperta della dieta mediterranea, un’alimentazione vegetariana, ha reso finalmente giustizia al re degli oli, l’olio d’oliva che, insieme a pane, verdure, legumi secchi e vino, costituisce il modello ritenuto a ragione quello più salutare e corretto di nutrizione. Gli effetti positivi che la consumazione d’olio d’oliva restituisce all’organismo umano, sono molteplici, tanto da renderne troppo lunga una classificazione; ciò nonostante ne citeremo alcuni.
Questo tipo di olio difende la mucosa gastrica dalle ulcere e si presenta molto meno grasso rispetto ad altri oli vegetali, al punto che, anche se cotto, origini quantità minori di polimeri e di perossidi. Le statistiche hanno poi dimostrato come le popolazioni mediterranee siano meno soggette a malattie cardiovascolari, proprio grazie ad un' alimentazione più sana e meno ”stressante” per l’organismo. L’olio d’oliva garantisce inoltre un miglior assorbimento delle vitamine, rallentando i processi di invecchiamento.
Gli atleti dell’antichità lo spalmavano sul corpo per aumentare il flusso del sangue e garantire un più rapido riscaldamento del tono muscolare.
Ancora oggi l’olio d’oliva è utilizzato come base per la creazione di prodotti cosmetici, segno che le sue applicazioni sono molteplici e i suoi benefici molto apprezzati.
Le tecniche di lavorazione per l'estrazione dell'olio di oliva, sono notevolmente variate nell'arco degli ultimi anni, anche se ancora oggi si possono trovare trappeti che utilizzano gli antichi strumenti di molitura, come il torchio e le macine, un tempo azionate dalla forza animale.
Gli oli di oliva ottenuti attraverso processi che non causano alterazioni dell'olio vengono considerati come oli vergini e vengono classificati in:
- olio extra vergine d'oliva - acidità libera massima di 0,8g per 100g
- olio vergine d'oliva - acidità libera massima di 2g per 100g
- olio di oliva lampante - acidità libera massima superiore a 2g per 100g
Ancora oggi, come un tempo, il primo esame delle qualità dell’olio d’oliva avviene nello stesso frantoio, quando viene assaggiato con un pezzo di pane per apprezzare le sfumature delle diverse erbe mediterranee, che arricchiscono i prodotti della terra con profumi e sapori.
Nel Salento il riconoscimento Dop (Denominazione d' Origine Protetta) è stato assegnato all'olio prodotto nella zona di Lecce e del Basso Salento e prende il nome di Terra D' Otranto. Questo tipo di olio è costituito prevalentemente da due tipi di olive: Cellina di Nardò o Saracena e Ogliarola leccese o salentina.
Caratteristiche organolettiche: olio dal fruttato verde di oliva con gusto dolce, con profumi di legumi e ottima fluidità; buona fragranza aromatica di erba. Il suo utilizzo è consigliato su antipasti e verdure; legumi e zuppe.
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TRADIZIONI
PROGETTO E NATURA
Negli anni ottanta nasce il Progetto Natura Quarta Caffè con la precisa volontà di sostenere e sviluppare manifestazioni ed iniziative in campo ambientale. Tra i vari progetti seguiti:
•la realizzazione e la spinta all’utilizzo di sacchetti in carta riciclata. Una leggenda indios dice “ Gli alberi sono il sostegno del cielo”
•SOS Tartarughe, per la difesa delle testuggini marine presso l’Acquaterrario Parco Regionale di Rauccio
Oggi con il Progetto Natura Quarta Caffè ha fissato un ambizioso programma ambientale, diventando una delle prime aziende eco-compatibili in Italia, attraverso:
•le certificazioni di sistema gestione qualità ed ambiente
•riciclando i residui della lavorazione del caffè verde
•la piantumazione intensiva nel terreno circostante l’azienda di alberi ad alta fotosintesi clorofilliana
•la realizzazione all’interno del comparto industriale di un sistema integrato fotovoltaico ed eolico per produrre energia pulita e rinnovabile
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CAFFE' QUARTA IN GHIACCIO
Quartà Caffè in ghiaccio, ovvero il caffè in ghiaccio da tre generazioni.
Erano calde le estati salentine degli anni cinquanta, il caffè freddo, preparato in anticipo e conservato nel frigorifero perdeva molto dell’aroma iniziale.
Così nasce l’idea semplice e al tempo stesso unica. Preparare un caffè espresso, zuccherarlo secondo il gusto dell’avventore e versarlo ancora bollente in un bicchiere con dei pezzi di ghiaccio… (molto freddo per evitare di annacquare la bevanda) ecco una valida alternativa alla calura estiva.
Quarta Caffè… in ghiaccio disseta.
Ricetta Caffè in ghiaccio
•Espresso Quarta Caffè caldo
•Zuccherare a piacere
•Versare il caffè ancora bollente in un bicchiere con cubetti di ghiaccio pieni
•Il caffè si raffredda e non si annacqua… come tradizione Quarta Caffè vuole
•Per i golosi sostituire lo zucchero con il latte di mandorla
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TRADIZIONI
LUMACHE PICCOLE CON ORIGANO
INGREDIENTI:
- Lumache
- Q.b. Sale, Olio extravegine d'oliva, Origano
PREPARAZIONE:
Lavare bene le lumache con acqua abbondante, mettere in pentola ricoperte d'acqua e lasciare cuocere a fuoco lento per dieci minuti, poi toglierle dall'acqua e lavarle di nuovo. Ora metterle in una coppa e condirle con olio, origano e sale.
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RICETTE
PEZZETTI DI CAVALLO AL SUGO
INGREDIENTI:
- 2 Kg. di muscolo di cavallo
- 1kg di salsa di pomodoro
- pepe intero
- peperoncino
- foglie di alloro
- rosmarino
- salvia
- prezzemolo
- olio (q.b.)
- vino rosso
PREPARAZIONE:
Tagliare la carne a pezzetti e cucinarla, preferibilmente, in una pentola di creta ( da noi chiamata Pignata) con tutti gli aromi, la salsa e l'olio. Aggiungere il sale e il peperoncino e far bollire lentamente per circa 2 ore, finché il sugo si restringe e la carne è ben cotta.
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RICETTE
Spaghetti con pomodorini scattariciati
INGREDIENTI
per 4 persone
Q.b. Spaghetti
4 cucchiai Olio extravergine d'oliva
1 spicchio Aglio
15 Pomodorini
Q.b. Sale, Formaggio, Basilico
Mettiamo insieme in una pentola 4-5 cucchiai d'olio extravergine d'oliva ed uno spicchio d'aglio, quando l'olio è ben caldo ( inizia a fumare) togliere lo spicchio d'aglio e riversare una quindicina di pomodorini già tagliati a pezzetti, aggiungere il sale e mezzo cucchiaino di zucchero e lasciare cucinare per tre, quattro minuti.
In altra pentola preparate gli spaghetti.
Scolate la pasta e conditela col sugo che avete preparato, giratela bene e aggiungete del formaggio a vostro gusto. Mettete qualche foglia di basilico crudo dopo aver messo gli spaghetti nei piatti.
Questo è un piatto veloce ma molto gustoso!
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RICETTE
PARMIGIANA
INGREDIENTI
per 4 persone
1 kg Melanzane
1 kg Mozzarelle
700 gr. Carne macinata
Pastella - farina, latte, sale, zucchero, lievito
Q.b. Olio extravergine oliva
Q.b. Sugo
Q.b. Formaggio parmigiano
Q.b. Vino bianco/rosato
Preparare il sugo alla bolognese nel seguente modo:
mettere olio in pentola, la carne macinata, il sale, della cipolla tritata, e far cucinare a fuoco lento per circa tre quarti d'ora. Quando l'acqua si ritira e la carne comincia a rosolare aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco o rosato e far cucinare per 3\4 minuti. Poi versare la passata di pomodoro sino a coprire per intero la carne e lasciare cucinare per almeno mezz'ora.
Preparare le melanzane nel seguente modo:
sbucciarle, tagliarle a fette non spesse e dopo averle cosparse di sale metterle in uno scolapasta con un peso sopra affinché perdano l'acqua e si addolciscano un po'. Dopodichè lavarle ed asciugarle ben bene.
Ora prepariamo la pastella nel seguente modo ( questa è una pastella particolarmente leggera:
In una ciotola versiamo due bicchieri di farina, un bicchiere d'acqua, un bicchiere di latte, mezzo cucchiaino di sale, mezzo cucchiaino di zucchero, un cucchiaino di lievito per torte salate. Impastare il tutto.
In un altro tegame mettere olio in abbondanza, e dopo che inizia a " fumare" metterci le prime fette di melanzane dopo averle passate nella pastella, e lasciarle cucinare 4/5 minuti a secondo dello spessore al quale le abbiamo tagliate, magari con una forchetta ci regoliamo circa il grado di cottura. E' importante che l'olio sia abbondante e le fette che mettiamo a cuocere siano poche per volta.
Una volta tirate fuori dall'olio farle asciugare se della carta assorbente.
Ora abbiamo gli ingredienti pronti per iniziare a fare la nostra Parmigiana:
in una teglia antiaderente versare parte del sugo, una buona spolverata di parmigiano sopra il sugo e poi un primo strato di melanzane già pronte e fritte. Poi di nuovo sugo, parmigiano, melanzane, mozzarelle tagliate a pezzettini e strizzate, e chi vuole può anche aggiungere del prosciutto cotto e delle uova sode. Io personalmente non metto uova e prosciutto per non appesantirla troppo.
Poi procedere con un altro strato seguendo lo stesso ordine e così via.
Io consiglio di evitare la mozzarella sull'ultimo strato perché un a volta nel forno potrebbe annerirsi.
Quindi infornare nel forno già caldo a 180 gradi per circa tre quarti d'ora.
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MUSICA POPOLARE SALENTINA
Le leggende, le usanze, le tradizioni, i canti popolari, in genere i dati folklorici d'un popolo costituiscono la propria identità e, assieme alla sua lingua, confermano la continuazione della sua vita storica. I canti della popolazione grika della penisola salentina sono viva testimonianza di un'antica lingua e soprattutto di una cultura rurale quasi estinta. Il canto e la musica accompagnavano infatti, non solo il ciclo della vita di ogni singolo uomo (nascita- morte), ma anche il ciclo di vita produttivo e festivo dell'intera comunità (l'anno solare da gennaio a dicembre).
" Travùdia palea" quindi, cioè "canti antichi": è infatti quasi impossibile stabilire l'epoca di questi componimenti in quanto tutto il patrimonio letterario popolare in griko salentino si è tramandato a tutt'oggi esclusivamente per tradizione orale. Questo patrimonio ha conosciuto tutta l'usura del tempo e della trasmissione orale la quale, di generazione in generazione, ha impresso i segni dell'evoluzione registrati nel corso dei secoli.
Quasi infinite le varianti dei versi di ninnananne che sono state raccolte dagli studiosi locali; questi canti, avendo la funzione di trastullare e addormentare i piccoli, esprimono un sentimento umano assai diffuso e, poiché il ritmo è un loro elemento essenziale, finiscono col diventare materia di poesia popolare.
La primavera lascia presto il posto alla caldissima estate; è il tempo della mietitura, della raccolta del tabacco, dei lavori sull'aia che spesso la sera si trasforma in luogo di festa: al suono di organetto e tamburello giovani e anziani convenuti anche dalle masserie circostanti si incontrano per suonare, cantare e ballare la "pizzica".
Qui il discorso e il "tempo" si dilatano in uno spazio che va dagli studi di De Martino sulle "tarantate" alle attuali feste di piazza dove la "pizzica" fa da protagonista. Il tema del tarantismo, ampio e complesso, pervade del resto tutta la musicalità salentina e non solo quella grika.
Infine bisogna fare un accenno ai "moroloja" ed ai "lamenti".
" Moroloja" significa canto dei morti.Secoli di tradizione e di cultura che oggi è possibile ascoltare ancora su richiesta dalla voce di qualche anziana prefica, donna pagata per piangere e lodare il morto durante il funerale.Quello delle prefiche è un canto lamentoso che scade frequentemente nel tono parlato, che rifugge quasi per pudore dalla piacevolezza del canto ed evita di proposito l'armonia dello schema musicale.
Ben diversi sono invece i "lamenti". Questi a differenza dei "moroloja", non sono improvvisati e non vengono cantati dalla prefica in presenza del morto, ma sono componimenti poetici in morte di qualche persona amata.
" Travùdia palea" quindi, cioè "canti antichi": è infatti quasi impossibile stabilire l'epoca di questi componimenti in quanto tutto il patrimonio letterario popolare in griko salentino si è tramandato a tutt'oggi esclusivamente per tradizione orale. Questo patrimonio ha conosciuto tutta l'usura del tempo e della trasmissione orale la quale, di generazione in generazione, ha impresso i segni dell'evoluzione registrati nel corso dei secoli.
Quasi infinite le varianti dei versi di ninnananne che sono state raccolte dagli studiosi locali; questi canti, avendo la funzione di trastullare e addormentare i piccoli, esprimono un sentimento umano assai diffuso e, poiché il ritmo è un loro elemento essenziale, finiscono col diventare materia di poesia popolare.
La primavera lascia presto il posto alla caldissima estate; è il tempo della mietitura, della raccolta del tabacco, dei lavori sull'aia che spesso la sera si trasforma in luogo di festa: al suono di organetto e tamburello giovani e anziani convenuti anche dalle masserie circostanti si incontrano per suonare, cantare e ballare la "pizzica".
Qui il discorso e il "tempo" si dilatano in uno spazio che va dagli studi di De Martino sulle "tarantate" alle attuali feste di piazza dove la "pizzica" fa da protagonista. Il tema del tarantismo, ampio e complesso, pervade del resto tutta la musicalità salentina e non solo quella grika.
Infine bisogna fare un accenno ai "moroloja" ed ai "lamenti".
" Moroloja" significa canto dei morti.Secoli di tradizione e di cultura che oggi è possibile ascoltare ancora su richiesta dalla voce di qualche anziana prefica, donna pagata per piangere e lodare il morto durante il funerale.Quello delle prefiche è un canto lamentoso che scade frequentemente nel tono parlato, che rifugge quasi per pudore dalla piacevolezza del canto ed evita di proposito l'armonia dello schema musicale.
Ben diversi sono invece i "lamenti". Questi a differenza dei "moroloja", non sono improvvisati e non vengono cantati dalla prefica in presenza del morto, ma sono componimenti poetici in morte di qualche persona amata.
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TRADIZIONI
ANTIPASTI ALLA SALENTINA
CARCIOFI FRITTI
INGREDIENTI:
q.b. Carciofi
q.b. Acqua e limone
q.b. Farina 00
3-4 Uova intere
q.b. Sale
q.b. Olio
Preparare dei carciofi avendo cura di togliere tutte le foglie più dure e fibrose e di prenderne il cuore, tagliarli in 4 pezzi e metterli in acqua e limone affinché non diventino subito scuri.
In una ciotola preparare delle uova intere sbattute, 3 o 4 a seconda del quantitativo di carciofi.
In un'altra ciotola preparare la farina.
Tirare fuori i carciofi dall'acqua e asciugarli ben bene in carta assorbente.
Ora passare i carciofi prima nella farina, poi nelle uova sbattute e infine metterli nell'olio bollente e lasciare cucinare per 4 o 5 minuti.
Tirarli fuori, metterli su carta assorbente e poi salarli.
ZUCCHINE TRIFOLATE
INGREDIENTI:
- 1 Kg. di zucchine
- aglio
- olio
- prezzemolo e sale (q.b.)
PREPARAZIONE:
Tagliare la zucchina in dadi, cospargerla di sale e metterla in uno scolapasta. In un altro tegame mettere dell'olio extravergine d'oliva, uno spicchio d'aglio, e lasciare scaldare bene. Mettere le zucchine che avremo lasciato almeno per un quarto d'ora nello scolapasta, e gireremo con cura facendo attenzione a non rovinarle. Aggiungere il sale e, a fine cottura, abbondante prezzemolo tritato.
POMODORI AI SAPORI SALENTINI
INGREDIENTI:
- 300 gr. di pomodori maturi
- 200 gr. di olive nere
- 200 gr. di peperoni sott'aceto
- 1 cipolla ( preferibilmente rossa )
- sale
- pepe
- olio (q.b.)
PREPARAZIONE:
In una pentola mettere dell'olio extravergine d'oliva e della cipolla rossa tagliata a pezzettini, quando l'olio inizia a fumare versare i pomodori interi e lasciare cucinare. Tagliare a fettine sottili i peperoni sott'aceto e si versare in pentola, girare con un cucchiaio di legno affinché si insaporisca tutto, mettere sale e pepe ed, a cottura ultimata, aggiungere le olive.
LAMPASCIONI ( MUSCARI ) IN PADELLA
INGREDIENTI:
- 500 gr. Muscari
- 2 o 3 Cipolle rosse
- Q.b. Sale, Pepe, Olio extravergine d'oliva
PREPARAZIONE:
Pulire i muscari, lavare bene e lessare avendo cura di cambiare spesso l'acqua. In altra pentola preparare dell'olio extra vergine d'oliva, della cipolla rossa tritata e del prezzemolo. A metà cottura scolare l'acqua dei lampascioni e versarli nella pentola con l'olio bollente e lasciarli cucinare. Aggiungere sale e pepe.
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BREVE STORIA DEL SALENTO
La penisola salentina, dai greci anticamente chiamata Messapia ("Terra fra due mari"), era appunto abitata dai Messapi, di origine probabilmente illirica, che difendevano la propria autonomia dall'invadenza dell'antica città greca di Taranto. Tale inimicizia fra le due popolazioni fu anche narrata da Erodoto, quando raccontò della guerra scatenatasi intorno al 474 a.C. fra Taras e la Lega Peuceta, di cui i Messapi facevano parte. In seguito ai conflitti tra Roma e Taranto, cominciati nel 280 a.C. e che sancirono la decadenza della città italiota, il Salento si latinizzò a tal punto da contribuire alla nascita della letteratura latina con figure di spicco quali Ennio e Pacuvio. Brindisi, importante porto a causa della sua posizione, intorno al 240 a.C., venne elevata al rango di municipio e ai brindisini fu riconosciuta la prestigiosa cittadinanza romana. La città adriatica divenne un porto trafficatissimo e caposcalo per l'Oriente e la Grecia, infatti molti romani illustri transitarono da Brindisi, diretti in Grecia. Cicerone scrisse le "Lettere Brindisine" e Marco Pacuvio realizzò alcune sue tragedie; a Brindisi morì Virgilio, mentre tornava da un viaggio in Grecia. La regione era anche abitata da altre due popolazioni di origine affine, i Calabri e i Sallentini. E con il nome di Calabria confluì ai tempi dell'imperatore Augusto nella Regio II Apulia et Calabria.
Particolarmente colpita durante la guerra greco-gotica, divenne poi terra di confine fra Longobardi e Bizantini.
Tra IX e X secolo il Salento fu spesso assalito dai Saraceni, che si stanziarono a macchia di leopardo sul territorio per periodi più o meno lunghi, fieramente contrastati dai Bizantini, che con Basilio I avevano nel frattempo strappato ai Longobardi l'intera Puglia, istituendovi il Thema di Longobardia. Nel 927 i Musulmani distrussero la città di Taranto, che fu ricostruita solo quarant'anni dopo grazie all'Imperatore bizantino Niceforo II Foca. In seguito alla conquista normanna furono fondati la Contea di Lecce e nel 1088 il Principato di Taranto. Lecce, in particolare, che dette anche i natali al re normanno Tancredi d'Altavilla, uscì in questo periodo dalle nebbie del medioevo per assurgere a centro principale della penisola salentina, da allora ufficialmente denominata "Terra d'Otranto".
Nel 1384, sotto gli Angioini, il principe di Taranto Raimondo Orsini Del Balzo - in seguito al matrimonio con la contessa di Lecce Maria d'Enghien - diventò uno dei più ricchi e potenti feudatari del Regno. Alla sua morte, nel 1406, il Re di Napoli Ladislao giunse in armi sotto le mura di Taranto per rivendicarne il possesso, ma Maria d'Enghien, vedova di Raimondino, lo respinse per due volte. Alla fine Ladislao propose di sposare la contessa, ottenendo per via diplomatica ciò che non era riuscito a conquistare con la forza.
Nel 1480, sotto gli Aragonesi, Otranto fu invasa dai Turchi guidati da Ahmet Pascià, che provocò l'eccidio di 800 persone che rifiutarono la conversione all'Islam. Fu questo l'episodio più eclatante di una lunga serie di assalti turchi e barbareschi, che si fecero particolarmente intensi nel XVI secolo, tanto che vennero edificate centinaia di torri lungo le coste, per poter avvistare in tempo le navi corsare.
Le successive dominazioni spagnole e borboniche ridussero la Terra d'Otranto ad una regione anche politicamente periferica. Va però segnalata una fiorente attività artistica fra XVI e XVIII secolo, che ha fatto di Lecce uno dei centri più cospicui del barocco.
Dopo l'Unità d'Italia, con la legge del 20 marzo 1865, fu infine costituita la 56° circoscrizione statale, originariamente comprendente tutte e tre le attuali province salentine, con Lecce capitale e sede dell’ufficio di Prefettura e Tribunale competente su tutta la vecchia "Terra d'Otranto".
Con l’avvento del fascismo, furono istituite le nuove province. La provincia di Taranto fu istituita con decreto del 2 settembre 1923, n.1911, quella di Brindisi con la legge 22 dicembre 1927.
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ORIGINI
PANE CASERECCIO
INGREDIENTI
700 gr Farina 00
25 gr Lievito
350 ml Acqua tiepida
Q.b. Olio
1 cucchiaino Zucchero
q.b. Sale
In una ciotola sciogliere il lievito, precedentemente sbriciolato con le mani, con dell'acqua tiepida. Aggiungere un cucchiaino di zucchero ( aiuterà la lievitazione) ed un filo d'olio, mescolare il tutto. Quindi aggiungere pian piano la farina e contemporaneamento il sale, sino ad ottenere un impasto molto morbido. Lasciare lievitare in un posto caldo sino al raddoppio dell'impasto. Dopodiché rimpastare dando la forma al pane, fare lievitare ancora ed infornare possibilmente in una teglia antiaderente, sempre a forno caldo, a 220°. La giusta temperatura varia anche a seconda del tipo di forno utilizzato, se ci accorgiamo dopo 10-15 minuti che il pane inizia già a dorarsi abbassiamo a 180° la temperatura. Lasciare cuocere per circa 40-45 minuti, dopodichè tirarlo fuori dal forno e posizionarlo su di una griglia o qualcosa che gli permetta la traspirazione così da tirar fuori tutto il vapore.
700 gr Farina 00
25 gr Lievito
350 ml Acqua tiepida
Q.b. Olio
1 cucchiaino Zucchero
q.b. Sale
In una ciotola sciogliere il lievito, precedentemente sbriciolato con le mani, con dell'acqua tiepida. Aggiungere un cucchiaino di zucchero ( aiuterà la lievitazione) ed un filo d'olio, mescolare il tutto. Quindi aggiungere pian piano la farina e contemporaneamento il sale, sino ad ottenere un impasto molto morbido. Lasciare lievitare in un posto caldo sino al raddoppio dell'impasto. Dopodiché rimpastare dando la forma al pane, fare lievitare ancora ed infornare possibilmente in una teglia antiaderente, sempre a forno caldo, a 220°. La giusta temperatura varia anche a seconda del tipo di forno utilizzato, se ci accorgiamo dopo 10-15 minuti che il pane inizia già a dorarsi abbassiamo a 180° la temperatura. Lasciare cuocere per circa 40-45 minuti, dopodichè tirarlo fuori dal forno e posizionarlo su di una griglia o qualcosa che gli permetta la traspirazione così da tirar fuori tutto il vapore.
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RICETTE
PASTA FATTA IN CASA
INGREDIENTI:
400 gr Farina di grano duro
200 ml Acqua
Q.b. Sale
Mettere la farina su di una spianatoia, fare un mucchietto con un buco al centro. Aggiungere un pizzico di sale nell'impasto, ne esalterà il sapore.
Nel buco fatto al centro della farina versarci l'acqua tiepida, in genere è la metà ca del peso della farina. Impastare energicamente sino a quando non otteniamo un bell'impasto liscio ed omogeneo.
Lasciamolo riposare per circa 30 minuti.
A questo punto gli diamo le forme che preferiamo e che meglio si addicono al piatto che dobbiamo preparare: orecchiette, maccheroni, sagne incannulate, sagne ritorte, gnocchetti, ecc.ecc
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RICETTE
ORECCHIETTE CON LA LENTICCHIA
INGREDIENTI:
- 300 g di orecchiette
- 500 g di lenticchie
- Cipolla rossa
- Sedano
- Aglio
- Olio extra
- extravergine di oliva
- Sale e pepe
PREPARAZIONE:
Mettere le lenticchie in un tegame con acqua dopo averle tenute a bagno per 12 ore ( a meno a che non abbiate delle lenticchie di alta qualità, es. Colfiorito, in qual caso non c'è bisogno che le mettiate a bagno la sera prima) aggiungendovi sale, aglio, cipolla rossa e sedano. Cucinare a fuoco lento, per circa 2 ore; se usate la pentola a pressione i tempi si riducono a circa un terzo. Dieci minuti circa prima della fine della cottura togliere gli odori, cioè sedano, cipolla, sedano, e mettervi dentro le orecchiette e lasciarle cucinare nelle lenticchie. Condire con olio extravergine e del pepe.
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La Cucina nella tradizione
Un saluto a tutti, qui troverete una Raccolta di Ricette del Salento, antiche e attuali.
La cucina Salentina affonda le sue radici in un passato nel quale i piatti erano poveri, si cucinava quello che la terra offriva e quello che si poteva realizzare con pochi soldi.
E la terra offriva legumi e verdure sia coltivate che selvatiche, offriva le patate e l'olio, le galline e le uova, il grano e la farina, il latte ed i formaggi.
La farina serviva per preparare soprattutto il pane, le friselle, li maccarruni le ricchiteddhre e le sagne ncannulate.
La frutta di stagione accompagnava le tavolate, i fichi, i fichi d'india, i mandarini, le arance, le mandorle, le pere, le albicocche e tanta altra ancora.
I profumi e gli odori erano " vivi", si avvertivano in ogni casa e caratterizzavano le stagioni.
In alcune famiglie vi erano dei cacciatori e la selvaggina era sì un lusso, ed ecco il motivo di alcune ricette che troverete in questa raccolta.
La carne invece era un piatto raro e riservato a delle ricorrenze particolari, così come il pesce.
La cucina di oggi è ovviamente arricchita da ingredienti che un tempo erano davvero un lusso; ma ora paradossalmente risulta spesso difficile gustare quei sapori antichi perché quegli ingredienti, che un tempo si trovavano in ogni famiglia, oggi sono difficili da reperire.
Le tradizioni culinarie di un popolo raccontano la sua storia, le sue sofferenze e le sue conquiste, ecco perché, a mio modesto parere, dobbiamo far di tutto per non perderle e invece tramandarle ai nostri figli. Così come la lingua con i suoi dialetti ha delle parole che non trovano un eguale nella lingua Italiana, non potendone esprimere delle sfumature così, ad esempio, l'origano raccolto in campagna o la rucola selvatica caratterizzano i sapori tipicamente mediterranei di un piatto salentino che altrimenti non saranno più gli stessi.
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